Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  nei  cui  uffici
domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Contro la Regione Veneto, in persona del Presidente in carica per
l'impugnazione della legge regionale del Veneto n. 6  del  23  aprile
2013, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Veneto n.  37
del 26 aprile 2013, recante «Iniziative per la gestione  della  fauna
selvatica  nel  territorio  regionale  precluso  all'esercizio  della
attivita' venatoria», nell'art. 2. 
    La legge regionale del Veneto n. 6/2013  contiene  la  disciplina
della  gestione  della  fauna  selvatica  nel  territorio   regionale
precluso all'esercizio dell'attivita' venatoria. 
    L'obiettivo perseguito dalla legge regionale, come  rappresentato
nell'art. 1, e' quello di assicurare la  gestione  sostenibile  della
fauna selvatica nei territori preclusi all'esercizio della  attivita'
venatoria, e concorrere a  sostenere,  mediante  la  costituzione  di
appositi fondi, gli interventi di apprestamento  opere  e  indennizzo
dei danni prodotti alle produzioni agricole e zootecniche  o  causati
da incidenti in sedi stradali dalla fauna selvatica. 
    L'art. 2 individua gli interventi per il contenimento della fauna
selvatica  nei  territori   preclusi   all'esercizio   dell'attivita'
venatoria, articolandosi in tre commi: 
        «1. I metodi ecologici a carattere selettivo per il controllo
della fauna selvatica nelle zone vietate alla caccia e, ove accertata
la  loro  inefficacia,  i  relativi  piani  di   abbattimento,   sono
rispettivamente individuati e  definiti  dagli  enti  titolari  delle
funzioni di gestione faunistica  sui  rispettivi  territori  preclusi
all'esercizio  della   attivita'   venatoria,   sentito   il   parere
dell'Istituto Superiore per la Protezione  e  la  Ricerca  Ambientale
(ISPRA). 
        2. Agli enti titolari delle funzioni di  gestione  faunistica
che non  provvedono  ad  adottare  gli  atti  di  propria  competenza
relativi all'attuazione della presente  legge,  il  Presidente  della
Giunta regionale, previa comunicazione al Consiglio  delle  autonomie
locali, assegna un congruo termine, non inferiore a  quindici  e  non
superiore a trenta giorni, per provvedere, salvo deroga  motivata  da
ragioni di urgenza. Decorso inutilmente tale termine,  il  Presidente
della Giunta regionale, sentiti  gli  enti  inadempienti,  nomina  un
commissario ad aria che provvede in via sostitutiva. 
        3. All'attuazione degli interventi per il contenimento  della
fauna  selvatica  sono  abilitati   i   soggetti   gia'   individuati
dall'articolo 17 della legge regionale 9 dicembre 1993,  n.  50  e  i
cacciatori residenti nei relativi ambiti  territoriali  di  caccia  e
comprensori alpini e abilitati ai sensi dell'articolo 15 della  legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50; a  tal  fine  le  province  attuano
adeguate e specifiche iniziative di formazione». 
    Le predette disposizioni si pongono in contrasto con la normativa
statale in materia di tutela  dell'ambiente,  cosi'  violando  l'art.
117, comma 2, lettera s) della Costituzione, per i seguenti motivi. 
 
                                  I 
 
    In  relazione  all'art.  2,  comma  1  della   legge   regionale:
violazione  dell'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  s)   della
Costituzione. 
    Il comma 1 dell'articolo 2 prevede quanto segue: 
        «I metodi ecologici a carattere selettivo  per  il  controllo
della fauna selvatica nelle zone vietate alla caccia e, ove accertata
la  loro  inefficacia,  i  relativi  piani  di   abbattimento,   sono
rispettivamente individuali e  definiti  dagli  enti  titolari  delle
funzioni di gestione faunistica  sui  rispettivi  territori  preclusi
all'esercizio  della   attivita'   venatoria,   sentito   il   parere
dell'istituto Superiore per la Protezione  e  la  Ricerca  Ambientale
(ISPRA)». 
    La norma attribuisce quindi agli enti titolari delle funzioni  di
gestione faunistica la competenza a individuare e definire  i  metodi
ecologici  a  carattere  selettivo  per  il  controllo  della   fauna
selvatica nei territori preclusi all'attivita' venatoria. 
    Ai medesimi enti e' poi attribuita la competenza  ad  adottare  i
relativi piani di abbattimento, ove sia accertata  l'inefficacia  dei
metodi ecologici. 
    In  entrambi  i  casi  l'iniziativa  nell'adozione   dei   metodi
ecologici come quella nell'adozione dei piani di abbattimento prevede
il parere dell'Ispra. 
    La norma regionale, nel disporre che i piani di  controllo  della
fauna selvatica con l'utilizzo di metodi ecologici ed eventualmente i
piani di abbattimento siano adottati «sentito l'Ispra», non specifica
pero' che anche l'inefficacia dei  predetti  metodi  ecologici  debba
necessariamente essere accertata dall'Ispra. 
    La norma pare  dunque  in  contrasto  con  quanto  esplicitamente
previsto dall'articolo 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1992,  n.
157, che stabilisce che e' l'Ispra  ad  accertare  l'inefficacia  dei
metodi ecologici. 
    Codesta Corte costituzionale, con la sentenza n. 278 del 2012, ha
dichiarato l'illegittimita' di una norma  provinciale  che  delineava
una procedura di  abbattimento  delle  nutrie  non  subordinata  alla
previa valutazione tecnica dell'ISPRA, cosi' motivando: 
        «L'art. 19, comma 2, della legge n.  157  del  1992  consente
alle Regioni il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle
zone vietate alla caccia, al  fine  di  migliorare  la  gestione  del
patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi  sanitari,
per  la  selezione  biologica,   per   la   tutela   del   patrimonio
storico-artistico e per quella delle produzioni  zooagroforestali  ed
ittiche. Tuttavia tale  controllo,  esercitato  selettivamente,  puo'
essere  praticata  di  norma  attraverso  metodi  ecologici,  sentito
l'ISPRA. 
    Solo nel caso in cui tale Istituto  verifichi  l'inefficacia  dei
predetti  metodi,   le   Regioni   possono   autorizzare   piani   di
abbattimento. Questi  ultimi  devono  essere  attuati  dalle  guardie
venatorie dipendenti dalle amministrazioni  provinciali,  insieme  ad
una serie di altri soggetti  abilitati  da  detta  normativa  statale
interposta. 
    Per le ragioni richiamate, la disposizione censurata si  pone  in
contrasto con la normativa statale in materia di tutela dell'ambiente
e dell'ecosistema di cui all'articolo 19, comma  2,  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157, e conseguentemente viola l'art. 117, comma  2,
lett s), della Costituzione. 
 
                                 II 
 
    In  relazione  all'art.  2,  comma  2  della   legge   regionale:
violazione  dell'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  s)   della
Costituzione. 
    Il comma 2 dell'articolo 2 dispone quanto segue: 
        «Agli enti titolari delle funzioni di gestione faunistica che
non provvedono ad adottare gli atti di  propria  competenza  relativi
all'attuazione della  presente  legge,  il  Presidente  della  Giunta
regionale, previa comunicazione al Consiglio delle autonomie  locali,
assegna un congruo termine, non inferiore a quindici e non  superiore
a trenta giorni, per provvedere, salvo deroga motivata da ragioni  di
urgenza. Decorso inutilmente tale termine, il Presidente della Giunta
regionale, sentiti gli enti inadempienti, nomina  un  commissario  ad
acta che provvede in via sostitutiva». 
    La norma prevede  una  procedura  sostitutiva  generalizzata  per
tutti gli enti di gestione: sono inclusi pertanto anche gli  Enti  di
gestione  delle  aree  naturali  protette,   unici   titolari   delle
competenze in tema di "eventuali prelievi faunistici ed  abbattimenti
selettivi necessari per  ricomporre  squilibri  ecologia»  (art.  11,
comma 4 e art. 22, comma 6, legge n. 394/1991). 
    Al riguardo si osserva che in tutte  le  aree  naturali  protette
nazionali e regionali e' previsto il  divieto  di  caccia  (art.  11,
comma 3, lettera a) (primo periodo) e art. 22, comma 6,  della  legge
n. 394/1991; art. 21, comma 10, lettera b, della legge n. 157/1992). 
    L'art. 11, comma 3 e  l'art.  22,  comma  6,  legge  n.  394/1991
prevedono  la  possibilita'  di  eventuali  prelievi  faunistici   ed
abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri  ecologici,
che devono avvenire  in  conformita'  al  regolamento  del  parco  o,
qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa  e  sotto
la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'organismo di  gestione
del parco. Detti prelievi devono essere attuati dal personale da esso
dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra
cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni  corsi
di formazione a cure dello stesso Ente. 
    Tanto premesso, deve ritenersi che l'art. 2, comma 2 della  legge
regionale, ampliando le ipotesi  di  "piani  di  abbattimento"  della
fauna   selvatica   all'interno   di   tutti   "territori    preclusi
all'esercizio della attivita' venatoria",  comprese  (in  quanto  non
esplicitamente  escluse)  le  aree  naturali  protette  nazionali   e
regionali di cui alla legge n. 394/1991, si pone in contrasto con  la
normativa   statale   in   materia   di   tutela   dell'ambiente    e
dell'ecosistema sopra richiamata. 
    La disposizione viola quindi l'art.  117,  comma  2,  lettera  s,
della Costituzione. 
 
                                 III 
 
    In  relazione  all'art.  2,  comma  3  della   legge   regionale:
violazione  dell'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  s)   della
Costituzione. 
    Infine l'art. 2,  comma  3  della  legge  regionale  individua  i
soggetti  abilitati  all'attuazione   dei   piani   di   abbattimento
(interventi per  il  contenimento)  nei  «soggetti  gia'  individuati
dall'articolo 17 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50» e  nei
«cacciatori residenti nei relativi ambiti territoriali  di  caccia  e
comprensori alpini e abilitati ai sensi dell'articolo 15 della  legge
regionale 9 dicembre 1993, n. 50». 
    Ora, l'art. 19, legge n. 157/1992  affida  tale  incombenza  alle
guardie  venatorie  dipendenti  dalle  amministrazioni   provinciali,
eventualmente avvalendosi dei proprietari o conduttori dei fondi  sui
quali si attuano i piani medesimi,  purche'  muniti  di  licenza  per
l'esercizio  venatorio,  nonche'  delle  guardie  forestali  e  delle
guardie comunali. 
    La disposizione regionale non solo amplia i  soggetti  abilitati,
comprendendo  anche  i  cacciatori  residenti,  ma  soprattutto   non
stabilisce che essi possono  solo  affiancare  le  guardie  venatorie
dipendenti dalle amministrazioni provinciali che  di  essi  intendano
avvalersi. 
    La norma pare dunque in aperto contrasto con l'art. 19, legge  n.
157/1992,  espressione  della  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    La norma e' quindi  illegittima  per  violazione  dell'art.  117,
comma 2, lett. s), della Costituzione.